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giovedì 26 gennaio 2017

Per chi ha pensato alla guerra. Io nell'esercito? Ostaggio.



Ho spesso riflettuto su come l'umanità si divide in due davanti a una persona che scivola: quelli che ridono, e quelli che si spaventano perché magari si è fatto male. Ciò non riguarda l'intelligenza, la cultura o l'empatia: è una questione di pochi attimi, c'è chi si mette a ridere e chi no.

Se da un lato capisco la necessità di difesa immediata, dall'altra credo che un certo tipo di reazione (la gogna), finisce per essere inquinante. Che fare?

Io reagisco parodiando. Ma la parodia, è davvero pericolosa: non posso escludere che qualcuno ci caschi!
Cosa voglio davvero ottenere? Se mi rivolgo a qualcuno senza speranza, fargli il verso è inutile. Se invece credo che la speranza esista, che la persona in questione possa cambiare idea, ottimo: certamente non  cambierò la sua opinione facendogli il verso. Che fare?

Reagisco pubblicando quella che, in tutta coscienza, credo che sia la verità: rilevatori del suono diversi danno risultati diversi, ogni misurazione presenta un inevitabile margine di errore; lo stesso valore che qualcuno da a un rumore è un'astrazione, una media ponderata di misurazioni diverse (ho parlato di recente con un ingegnere, ha influenzato il mio linguaggio!). Quando tento di chiarire tutte queste cose, in modo più semplice possibile, sembra che non convincerò nessuno, ma almeno eviterò che qualcuno fraintenda quel che scrivo e capisca il contrario. Apparirò ancora più noioso: è quello che accade quando vuoi vivere in maniera responsabile. 
Ma forse sono sempre stato uno di quelli che non si mette a ridere quando qualcuno scivola sulla buccia di banana (ho riso, perché mi contraddico, perché avrei tanto voluto fare il contrario! e perchè la piccolezza ravviva la parte cattiva che non ho avuto mai).

Scrivere in rete è molto particolare, e su di esso non si è ancora ragionato abbastanza. Mi hanno fatto notare che non è come scrivere agli amici, non è come scrivere agli sconosciuti; è l'una e l'altra cosa insieme nello stesso momento. Quando scriviamo pensiamo sempre a un determinato pubblico, amici o conoscenti; ai lettori abituali. Inoltre, quando scriviamo speriamo di attirare lettori nuovi, lettori diversi (io, almeno, lo spero sempre). Nonostante questo ho dovuto sviluppare un linguaggio per iniziati; ho proseguito una narrazione senza riassumere i precedenti, ho dato per scontato qualsiasi contesto, qualsiasi premessa. Per quanto possano essere divertenti (e il più delle volte non/lo sono), le parodie sono rischiose. E le meglio riuscite sono proprio quelle che maggiormente rischiano di ingannare il lettore occasionale.

Ma io - ecco il punto - non voglio ingannarlo, non voglio prenderlo in giro, non voglio tenerlo fuori da quel che scrivo. Voglio invece attirarlo, voglio che abbandoni la sua rocca, voglio che si senta a casa sua anche se non è quasi mai d'accordo con me (come in ogni casa che si rispetti). Voglio provare a convincerlo. E persino se fosse senza speranza, non mi divertirei a prenderlo in giro. Non fingo. Quando qualcuno cade vicino a me ho sempre paura che si sia fratturato qualcosa.

Ascolta come mi batte forte il tuo cuore 

Poteva accadere. Doveva accadere. È accaduto prima. Dopo. Più vicino. Più lontano. E’accaduto.

Perché da solo. Perché la gente. Perché a sinistra. Perché a destra. Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.

In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo da una coincidenza.


Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta come mi batte forte il tuo cuore.

da Wislawa Szymborska

 






 

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