Ogni paese, penso, anche quello che pare più ostile e disumano, ha due volti; a un certo punto finisci per scoprire quello buono, che c'era sempre stato, solo che tu non lo vedevi e non sapevi sperare.
(Italo Calvino)
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/societa/frase-232
Molti credono che se di qualcosa non si parla, allora non esiste. La doppia soluzione di Polo.
Ogni racconto ha una caratteristica propria. In alcuni, una trama affascinante ti trattiene, e poi ti porta a provare simpatia per questo o quel personaggio; altri invece catturano la fantasia, mostrando scenari di un incanto dimenticato, altri fanno percepire i gusti, gli odori, i suoni di posti lontani; altri ancora ubriacano lo spirito di magnifiche frasi, pensieri profondi.
Ogni racconto ha una caratteristica propria. In alcuni, una trama affascinante ti trattiene, e poi ti porta a provare simpatia per questo o quel personaggio; altri invece catturano la fantasia, mostrando scenari di un incanto dimenticato, altri fanno percepire i gusti, gli odori, i suoni di posti lontani; altri ancora ubriacano lo spirito di magnifiche frasi, pensieri profondi.
La città
inesistente è un
racconto estraneo a queste tipologie e si pone su un piano obliquo. La città è inesistente,
appunto, perché ideale,
non è mai esistita.
Il racconto è quello di Polo, opposto, e
rivolto al solenne Kublai Khan; un imperatore, senza dubbio, ma melanconico: poiché
consapevole che, il suo impero, nonostante i molti sudditi devoti, è costellato
di detriti. Il saggio Khan dovrebbe rasserenarsi meditando sulla città inesistente schizzata
dal suo interlocutore: “solo nei resoconti di Polo, Kublai Khan potrà comprendere,
attraverso le mura e le torri destinate a crollare, un disegno tale da
sfuggire al trascorrere del tempo”.
La descrizione della città è alternata da dialoghi
senza uscita in cui i due, Polo e Khan, riflettono sul significato di questa città dove immaginano,
metaforicamente, l’intero Impero (l’intero mondo della civiltà). Kublai, però,
non ama le fantastiche descrizioni della città inesistente, ma le meticolose relazioni di quella esistente,
reale, fedelmente riportate dai suoi funzionari e ambasciatori.
La città a volte è descritta da Polo in maniera eterea,
incorporea e rimane estranea al lettore, impalpabile; altre volte si fa
riferimento a scenari irrealizzabili, impossibili: la città inesistente, infatti,
sembra s’opponga
a quelle esistente.
Si tratta, invece di un confronto/scontro, spesso annebbiato,
sulla città moderna.
Ai cittadini della città irrealizzabile “convinti
che ogni cambiamento nella città influisca sul disegno del cielo, prima d’ogni
decisione calcolano i rischi e i vantaggi per loro per l’insieme della
città e dei mondi”, si oppongono, in antitesi, quelli della città esistente:
perfetti modelli della civiltà, producono a volte, con le migliori intenzioni, esiti negativi
sulla città che “più espelle roba più ne accumula; le squame del suo
passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni
giorno, la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella
degli scarti di ieri che s’ammucchiano sugli scarti dell’altro ieri.”
Desiderio di Polo è capire che cosa spinge
gli uomini a convivere in città; luoghi di scambio, non soltanto di merci, ma di cultura, esperienze, di ……
vita: “Le città, come i sogni, sono costruite da desideri, paure, anche se il
filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive
ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra […] D’una
città non godi le
sette meraviglie, ma la
risposta che dà a una tua domanda”.
La città inesistente è un racconto sconclusionato,
sconnesso, lacunoso e sgangherato, in cui l'autore sparge disordinatamente
spunti di riflessione personali ma carichi di un valore universale sulla
contemporanea civiltà urbanistica. Tuttavia, anche in questa città, non ci è
precluso un appiglio di salvezza.
Polo, alla fine del racconto, suggerisce due
soluzioni: una, la prima, arrendevole e debole, la
seconda (certamente migliore) augurabile per tutti gli abitanti
della città moderna: “Due modi ci sono per non soffrirne. Il
primo riesce facile a molti: accettare le stato delle cose e diventarne parte fino al
punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e
apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo
al disordine non lo è, e farlo durare, e dargli spazio”.
Un principio, questo, utilizzabile in ogni situazione
della vita, e non solamente nella nostra relazione con le città.
La mia opinione della città? Grossomodo, e parlo da architetto, sono convinto che
le città
dovrebbero essere costruite in campagna. L’aria lì è più pura.
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