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mercoledì 8 febbraio 2017

La città inesistente


Ogni paese, penso, anche quello che pare più ostile e disumano, ha due volti; a un certo punto finisci per scoprire quello buono, che c'era sempre stato, solo che tu non lo vedevi e non sapevi sperare. 
(Italo Calvino)
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/societa/frase-232
Molti credono che se di qualcosa non si parla, allora non esiste. La doppia soluzione di Polo.

Ogni racconto ha una caratteristica propria. In alcuni, una trama affascinante ti trattiene, e poi ti porta a provare simpatia per questo o quel personaggio; altri invece catturano la fantasia, mostrando scenari di un incanto dimenticato, altri fanno percepire i gusti, gli odori, i suoni di posti lontani; altri ancora ubriacano lo spirito di magnifiche frasi, pensieri profondi.

La città inesistente è un racconto estraneo a queste tipologie e si pone su un piano obliquo. La città è inesistente, appunto, perché ideale, non è mai esistita.
Il racconto è quello di Polo, opposto, e rivolto al solenne Kublai Khan; un imperatore, senza dubbio, ma melanconico: poiché consapevole che, il suo impero, nonostante i molti sudditi devoti, è costellato di detriti. Il saggio Khan dovrebbe rasserenarsi meditando sulla città inesistente schizzata dal suo interlocutore: solo nei resoconti di Polo, Kublai Khan potrà comprendere, attraverso le mura e le torri destinate a crollare, un disegno tale da sfuggire al trascorrere del tempo”.
La descrizione della città è alternata da dialoghi senza uscita in cui i due, Polo e Khan, riflettono sul significato di questa città dove immaginano, metaforicamente, l’intero Impero (l’intero mondo della civiltà). Kublai, però, non ama le fantastiche descrizioni della città inesistente, ma le meticolose relazioni di quella esistente, reale, fedelmente riportate dai suoi funzionari e ambasciatori.
La città a volte è descritta da Polo in maniera eterea, incorporea e rimane estranea al lettore, impalpabile; altre volte si fa riferimento a scenari irrealizzabili, impossibili: la città inesistente, infatti, sembra s’opponga a quelle esistente.
Si tratta, invece di un confronto/scontro, spesso annebbiato, sulla città moderna. 

Ai cittadini della città irrealizzabile “convinti che ogni cambiamento nella città influisca sul disegno del cielo, prima d’ogni decisione calcolano i rischi e i vantaggi per loro  per l’insieme della città e dei mondi”, si oppongono, in antitesi, quelli della città esistente: perfetti modelli della civiltà, producono a volte, con le migliori intenzioni, esiti negativi sulla città  che “più espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno, la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella degli scarti di ieri che s’ammucchiano sugli scarti dell’altro ieri.”
Desiderio di Polo è capire che cosa spinge gli uomini a convivere in città; luoghi di scambio, non soltanto di merci, ma di cultura, esperienze, di …… vita: Le città, come i sogni, sono costruite da desideri, paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra […] D’una città non godi le sette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.

La città inesistente è un racconto sconclusionato, sconnesso, lacunoso e sgangherato, in cui l'autore sparge disordinatamente spunti di riflessione personali ma carichi di un valore universale sulla contemporanea civiltà urbanistica. Tuttavia, anche in questa città, non ci è precluso un appiglio di salvezza

Polo, alla fine del racconto, suggerisce due soluzioni: una, la prima, arrendevole e debole, la seconda (certamente migliore) augurabile  per tutti gli abitanti della città moderna: “Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare le stato delle cose e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo al disordine non lo è, e farlo durare, e dargli spazio”.
Un principio, questo, utilizzabile in ogni situazione della vita, e non solamente nella nostra relazione con le città.

La mia opinione della città? Grossomodo, e parlo da architetto, sono convinto che 

le città dovrebbero essere costruite in campagna. L’aria lì è più pura.

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