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mercoledì 24 maggio 2017

Bonjour tristesse!

Segnali positivi: due bimbi, alla materna hanno litigato per un libro!

La letteratura e l'arte nella scuola: finite.
Perché il linguaggio povero della comunicazione, ha vinto sul linguaggio ricco della letteratura e dell’arte? (Chi scrive lo fa con un max di 160 caratteri, 2 faccine, fine!).
Quando faccio questa domanda sempliciotta, tutti mi rispondono che è ovvio: siamo nell'era della informazione, la scuola si adegua. (Odio il verbo adeguarsi. Adeguarsi = conformarsi, adattarsi, uguagliare etc...).
Siamo nell'era della comunicazione, i ragazzi hanno altre capacità e altre passioni: leggono le pubblicità, le notizie, e lo fanno a una rapidità incredibile. Sono capaci e ferrati.
Sicuro, sono bravi sulla  "velocità" del mondo. Sono invece cattivissimi riguardo la lentezza della lettura: provate a chiedere a questi "lampi" di leggere libri impegnativi, non lo possono fare. I libri sono lenti e complicati, le immagini invece sono veloci e facili. I libri chiedono tempo, le immagini no.
Ma chi l'ha deciso che era bene adeguarsi invece di tener duro, fare da diga solida e mantenere la letteratura e la storia dell’arte nella scuola, la loro calma, la loro ricchezza?
La scuola dovrebbe fare da diga. Servono insegnanti di cemento armato e non insegnanti d’acqua. L'acqua si adegua a ogni contenitore, e defluisce, non fa mai opposizione. Il cemento armato si oppone, è solido e sta al suo posto.
Non è detto che la fermezza e la tenacia siano un non valore...
Ma un mondo senza la ricchezza vaga, oscura e sfuggente delle parole, è un mondo  molto misero.
Chi sostiene che "la scuola è il luogo dove s'impara a comunicare", parla della scuola come del posto dove tutti i possibili e numerosi sensi sono ridotti a uno: al linguaggio comunicativo. E' un'affermazione pesante.
Vorrei che un mondo che decide una cosa simile ne desse risposta davanti all'umanità intera e se ne assumesse la responsabilità....di ridurre (noi tutti) in questo stato di tristezza.
Quando chiedo di bere e il mio interlocutore mi dà da bere, significa che sono stato capito.
E quando un messaggio viene capito, cosi da produrre una immediata e diretta risposta... “che tristezza!"  diceva Paul Valéry.

E sì, perché si assiste a un paradosso: siccome la letteratura e l’arte sono antiquate, inutili, difficili e noiose (in una parola, vecchie), chi insiste  è giudicato uno stupido, da contrapporre all’insegnante riformatore, innovativo, al passo coi tempi,  che non si è "rintanato" su ammuffite posizioni, ma ha saputo mirabilmente... adeguarsi!
Mi è capitato, negli anni, di incontrare insegnanti un po' speciali,  gente che amava perdersi nelle opere di Petrarca e Boccaccio, Coleridge, Sartre, Calvino o Pennac, Caravaggio, Piero e Masaccio.
Sarà che parlo della preistoria, ma questi signori non li ho mai sentiti parlare di Progetti, Recuperi, Debiti, Griglie, Verifiche, Percorsi... e questi “insegnanti antiquati” non erano per nulla vecchi: semplicemente... amavano molto la letteratura e l’arte. Oggi ce ne sono ancora, di insegnanti così. Non stanno mai in vista, però ci sono. 
Quanto sto dicendo è evidente soprattutto nell'insegnamento della lingua straniera.
Il fine dell'insegnamento di lingue è senza dubbio che tutti sappiano parlare una lingua straniera, e quindi vivere in un paese straniero sapendosi districare nelle varie occasioni quotidiane. Chi mai potrebbe non essere d'accordo?
Il problema è che si è scelto di insegnare direttamente i linguaggi utili, e di insegnare solo quelli: ed ecco "utilissimi" dialoghi all'aeroporto o al ristorante, al supermercato, al cinema, al bar. La nostra prima e forse unica preoccupazione è di rendere tutti in grado di... andare a comprare un hamburger ad un McDonald di Londra!
E va anche bene, ma... forse ci sarebbe un altro modo: il modo alto della letteratura.
Si possono far leggere  i romanzi di Oscar Wilde e Dickens, le poesie di Keats e Shelley. Lì non sta scritto come si chiede un hamburger, è vero: c'è scritto molto di più! E davvero noi crediamo che un ragazzo che sappia leggere uno scrittore non sia poi in grado di andarsi a comprare uno stupido panino? Diamo così poca fiducia alla letteratura, all’arte? Si danno invece un'enorme fiducia... agli strumenti adeguati in sé: si insegnano per anni a chiedere un panino! Nessuno pensa che, se è facilissimo scendere da O. Wilde al panino, non è invece affatto facile, anzi, forse è impossibile, salire dal panino a Coleridge: questo vuol dire che si privano per sempre i ragazzi dell'"altezza" di Wilde,  relegati per sempre alla "bassezza" quotidiana e concreta del panino.
Non sappiamo valutare che cosa è alto e che cosa è basso, che cosa è piccolo e che cosa è grande. E non sappiamo più vedere che quel che è piccolo, per ragioni ovvie, è naturalmente contenuto in ciò che è grande.
Non solo. Esiste il problema della scomparsa della passione negli studenti. La letteratura, l’arte potrebbero aiutare molto: studiando Caravaggio, Giotto o  la Dickinson, forse sarà possibile. Ma sui dialoghi al ristorante, come si potrà appassionare qualcuno? In nome di che cosa è stato fatto questo? Ma forse a pochi o nessuno importa.
Sembra che quasi nessuno si chieda perché ai ragazzi la scuola oggi insegni a fare articoli, saggi brevi e lettere commerciali, né quale sia la differenza teorica tra letteratura e comunicazione. Ai miei coetanei, ora genitori come me, non importa molto di tutto ciò. Se si agitano per la scuola, è solo per questioni di orari, tempi pieni, scuola pubblica o privata. Non certo per difendere la letteratura e i linguaggi artistici.
Questioni sindacali. Non certo culturali.
Buongiorno. Un giorno nuovo è iniziato. Bonjour tristesse, Valéry!

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